Il selvaggio di Santa Venere by Unknown

Il selvaggio di Santa Venere by Unknown

autore:Unknown
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Narrativa
editore: Rubbettino Editore
pubblicato: 2020-12-07T00:00:00+00:00


Ma a scuola andava sempre più disastrosamente. Era distratto, lento a imparare, dato che ci andava di malavoglia. Era così seducente trascorrere il tempo fuori, al sole, libero di correre per le strade e per i campi, visto che gli altri non avevano nessun riguardo, nessuna pietà di lui. Ma più di tutti lo rovinò il maestro che senza alcuna comprensione e finezza lo trattava come deficiente: come se fosse un ragazzo senza cervello né sensi. Tanto è vero che don Mico, che aveva serie intenzioni di avviarlo agli studi – i soldicelli non gli mancavano per via della pensionuzza che mese dopo mese gli portava quel tanto anche se pioveva e nevicava, e la terra la coltivava e il vino lo vendeva e anche l’olio e le uova e i conigli... insomma uno sforzo l’avrebbe fatto volentieri per vedere suo figlio vivere da signore con gli occhiali che tornava dalla città – si squietò di colpo provando un dolore e una delusione che non dimenticò mai più. Quel gran maestro a cui era andato a chiedere come si portava Leozzello suo a scuola infatti gli disse senza peli sulla lingua: massaro (e questo massaro turbò parecchio don Mico), la testa di vostro figlio è nata per fare pidocchi. Fatelo zappare. Al duce serve di più e meglio un contadino che un maestro somaro. Don Mico abbassò la testa tutto scornato davanti a quell’insegnante che era figlio di contadini, ma riuscito, fortunato suo padre, visto che insegnava, visto che il governo gli aveva dato anche la più importante carica politica in paese. Era infatti segretario politico del partito fascista. Se ne tornò a casa tutt’umiliato, scontento, rabbioso, e raccontò alla moglie il grandioso avvenire che toccava al loro legno stolto, allo scavezzacollo che non si capiva da chi avesse preso. La madre, già ammalata, si addolorò parecchio, dato che anch’essa s’era fatto un mucchio di grandi illusioni su quell’unico frutto che avrebbe voluto avere il piacere e la soddisfazione di vedere cristiano con le mani bianche e vestito da galantuomo. Ma Dio aveva deciso diversamente per lei, e pazienza! Dio l’aveva presa di mira non si capiva per quale misfatto, e pazienza! Don Mico però non ce l’aveva questa pazienza. Andava casa casa e brontolava e malediva. Ce l’aveva contro quel figlio bestia che ora rappresentava la sua più grave sfortuna. Testa di legno che quasi a dodici anni ripeteva la quinta elementare ed era un vero camatrone in mezzo ai bambini. Infatti a dodici anni egli era alto e tarchiato come un adulto. Aveva la forza di un ventenne; e in mezzo a tanti bambini spiccava che faceva impressione. Ah, sorte! Ah, sfortuna cieca e dannata! Ma appena tornava a casa se lo mangiava vivo. Lo ammazzava. Ne faceva panata del suo cervello. Lo spremeva come un limone... Tutto il paese certo gioiva della sua malasorte. Tutti quelli che lo invidiavano per il morso di pane che si poteva mangiare tranquillamente ora trionfavano, gli ridevano sul viso... La moglie



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